Il professore della velocita'

Alain Prost al terzo mondiale

Un vecchio adagio del mondo delle corse dice che il primo rivale di un pilota è il suo compagno di squadra, e nessuno meglio di Alain Prost e Ayrton Senna può testimoniarne la validità: già poco simpatici a vicenda, nel mondiale 1989 arrivano all'autoscontro per decidere le sorti del titolo piloti, visto che quello costruttori non è mai in dubbio, considerata la superiorità della McLaren Honda. In realtà, anche quello piloti è quasi nella mani di Prost prima dell'incidente del gran premio di Suzuka, soprattutto grazie alla straordinaria capacità del "professore" francese di arrivare sempre in fondo ai gran premi, al contrario di Senna, già ritiratosi 5 volte in stagione, l'ultima in Portogallo, non per colpe proprie: in testa al gran premio, il brasiliano subisce un temerario attacco del ferrarista Mansell, a cui era stata esposta la bandiera nera qualche giro prima. Senna avrebbe dovuto lasciar passare l'inglese, ma sarebbe stato contro la sua natura: i due vengono a contatto e finiscono fuori pista, con Senna che perde punti decisivi nella corsa per il titolo. Costretto a vincere gli ultimi tre gran premi per superare il compagno di squadra, Senna coglie la vittoria in Spagna, ma poi succede l'incidente di Suzuka.

Superato da Prost al via, Senna lo rincorre per tutto il gran premio, e lo punta deciso al giro 46: alla chicane Prost, da vecchia volpe del volante, vede il tentativo di sorpasso del brasiliano e gli chiude la porta in faccia: i due si agganciano, e mentre Prost scende dalla vettura, Senna viene rimandato in pista dai commissari. Dopo aver cambiato il musetto danneggiato, Senna inizia una furiosa rimonta che lo porta alla vittoria, ma viene prontamente squalificato per l'intervento dei commissari e perchè era rientrato in pista tagliando la chicane. Il verdetto di squalifica viene confermato dalla FIA, e il brasiliano si scaglia contro il presidente della federazione, il francese Jean Marie Balestre, amico di Prost. A parti invertite, un anno dopo, non esiterà però un momento a restituire il favore a Prost, sempre al gran premio del Giappone. Resta il fatto che il mondiale va al pilota quell'anno più forte, Prost: al suo terzo titolo iridato degli anni '80, che con un pizzico di fortuna in più potevano essere 5. Unico nella capacità di spingere le macchine al limite senza superarlo, dietro la sua aria da professore di provincia Prost nascondeva l'anima dello spietato campione, che non lasciava nulla di intentato per ottenere il suo scopo. Chiuderà la carriera con un altro titolo mondiale e 51 gran premi vinti, sicuramente uno dei primi 5 piloti della storia della formula uno.

Lemond e Chang, due americani a Parigi

Lemond al Tour

Due anni dopo aver rischiato di morire in un incidente di caccia, torna alle competizioni ciclistiche Greg Lemond, e realizza subito la doppietta più prestigiosa del ciclismo: Tour de France - Campionato del mondo, anche questo corso in Francia, a Chambery. Considerato che le vittorie dei connazionali Floyd Landis e Lance Armstrong saranno cancellate a seguito delle loro squalifiche per doping, Lemond rimane ad oggi l'unico americano ad aver vinto la corsa a tappe francese. Rudolf Nierlich L'anno postolimpico dello sci non è proprio brillantissimo per Alberto Tomba, un solo successo in Coppa del mondo e nemmeno una presenza sul podio dei mondiali di Vail, dove invece fà doppietta negli slalom il nuovo asso dello sci austriaco, Rudolf Nierlich, che purtroppo due anni dopo morirà in un tragico incidente automobilistico. La coppa del mondo va a Marc Giradelli, soprattutto grazie ai punti della combinata, in campo femminile dominio imbarazzante (per le altre) della svizzera Vreni Schneider, che vince tutti e 7 gli slalom della stagione e sei slalom giganti su sette.

Nel tennis, grande annata per Boris Becker, che aggiunge al suo terzo Wimbledon la vittoria agli US Open e la semifinale a Roland Garros, sulla terra battuta a lui ostica. A Parigi, Becker perde da Edberg, ma il torneo non è vinto nemmeno dallo svedese: ad imporsi tra la sorpresa generale è infatti il 17enne cino-americano Michael Chang, che negli ottavi aveva eliminato il numero uno Ivan Lendl. Michael Chang vince Roland Garros La partita tra Lendl e Chang rimane negli annali per la crisi di crampi di Chang e quella di nervi di Lendl, che va nel pallone per il non gioco dell'americano, che lo snerva con i suoi recuperi e sembra dileggiarlo quando si inventa di battere il servizio dal basso, come un neofita, o quando entra 3 metri in campo per rispondere al servizio del ceco. Dopo oltre 4 ore e mezzo di lotta, Chang ha la meglio, e in finale contro Edberg dimostra che non era tutto fumo e banane (per i crampi), rimontando uno svantaggio di due set a uno e infine piegando lo svedese dopo un'altra maratona di oltre 4 ore. Finale ugualmente sorprendente in campo femminile, con Steffi Graf che perde dalla 17enne spagnola Arantxa Sanchez. È l'unica sconfitta dell'anno in partite di tornei del Grande Slam per la Graf, che sfiora quindi un clamoroso secondo trionfo nella corsa al filotto dei tornei più importanti.

Giorgio Lamberti

Agli Europei di nuoto di Bonn, l'Italia vive giorni di gloria con Giorgio Lamberti e Stefano Battistelli. Lamberti vince i 100 stile libero col nuovo record europeo, e i 200 stile libero con uno spettacolare record mondiale che durerà 10 anni. Il giovanissimo Battistelli vince invece i 200 dorso e fà parte della staffetta 4X200, che guidata da Lamberti vola all'oro. La Lancia Delta integrale è ancora la macchina imbattibile dei rally, con Miki Biasion che bissa il titolo mondiale vincendo 5 prove iridate. Eddie Lawson chiude alla grande gli anni '80, centrando il quarto titolo mondiale della classe 500 del motociclismo, ma è il suo connazionale Kevin Schwantz che esalta le folle: Schwantz non ha mezzi termini, o vince (6 volte), o si ritira (5 volte), ma per vincere il titolo ci vuole più regolarità. Debutta nelle competizioni europee l'australiano Mick Doohan, futuro dominatore della classe regina del motociclismo.

L'Italia del volley

Dopo decenni di sconfitte, i golfisti europei ci hanno preso gusto, e conservano la Ryder cup, pareggiando a 14 contro gli americani, ma la competizione era già stata vinta sul 14 a 10, prima che gli americani vincessero gli ultimi 4 singoli. Nick Faldo, campione del Masters, è l'alfiere europeo. La Jugoplastika Spalato vince la prima di tre coppe dei campioni di basket consecutive con un gruppo di ragazzini che diventeranno campioni NBA, primo fra tutti Toni Kucoc, mentre inizia dalla vittoria agli Europei di Svezia la scalata ai vertici mondiali del "dream team" della pallavolo italiana, la Nazionale di Julio Velasco, Zorzi, Bernardi, Lucchetta, Cantagalli e Gardini. Nashwan è il campione di galoppo dell'anno, e forse del decennio: realizza l'accoppiata più prestigiosa del galoppo europeo, 2000 Ghinee - Derby di Epsom, poi in estate batte gli anziani nelle Eclipse Stakes e nelle King George and Queen Elizabeth Stakes. Mentre si prepara per l'Arc de triomphe, subisce un calo di forma che consiglia il suo team da ritirarlo dalle competizioni.

A tutto calcio

I nuovi acquisti dell'Inter decisivi per lo scudetto

È l'anno dell'Inter dei record: con Trapattoni in panchina, i nerazzurri hanno investito in pragmatismo anche nell'acquisto degli stranieri, con i tedeschi Lothar Matthaus e Andy Brehme. Quest'ultimo, considerato inizialmente solo "un'aggiunta" al pacchetto Matthaus, si rivelerà invece il miglior giocatore del campionato. L'Inter ha il nucleo della difesa della Nazionale, Zenga, Bergomi e Ferri, due giovani talenti nella loro stagione d'oro, Bianchi e il cavallo Pazzo Nicola Berti, un metronomo di centrocampo ineguagliabile, Matteoli, e una coppia di attacco splendidamente assortita, l'ariete Serena, capocannoniere del campionato con 22 gol, e lo sgusciante Ramon Diaz. In campionato non c'è storia, l'unica squadra che regge botta è il Napoli di Maradona, staccato inesorabilmente nella partita scudetto del 28 maggio, decisa da una punizione bomba di Mattahus. L'unico smacco dell'annata trionfale interista è in coppa Uefa: agli ottavi di finale (dove arrivano quattro squadre italiane), dopo aver trionfato all'andata sul campo del Bayern Monaco 2-0, i milanesi vanno in barca al ritorno, proprio la sera di S.Ambrogio, e perdono in casa 3-1, facendosi eliminare. Chi va fino in fondo è il Napoli, capace di eliminare la Juventus nei quarti di finale ribaltando lo 0-2 subito all'andata, e poi "vendicare" l'Inter superando il Bayern e infine domare lo Stoccarda nella doppia finale, con un 5-4 nel doppio confronto poco veritiero sulle reali forze in campo.

Gullit trascina il Milan nella finale di coppa campioni

All'Inter tedesca non si oppone in campionato il Milan di Sacchi, più olandese che mai dopo l'acquisto di Frank Rijkaard, concentrato nella campagna europea: dopo aver faticato contro Stella Rossa di Belgrado (eliminata ai rigori) e Werder Brema (superato 1-0 nel doppio confronto), i rossoneri giocano in semifinale la partita manifesto del calcio di Sacchi contro il Real Madrid, annientato 5-0 a San Siro. Apre Ancelotti con un missile da fuori area e chiude Donadoni, nel mezzo segnano i tre olandesi: è il primo squillo del calcio sacchiano, seguace del calcio totale olandese degli anni '70. La finale di Barcellona contro la Steaua è una formalità, risolta da due gol a testa di Van Basten e Gullit. A fine anno, il Milan alza anche la coppa intercontinentale, battendo 1-0 il Nacional di Medellin del funambolico portiere Higuita. Alle squadre italiane sfugge solo la coppa delle coppe, con la Sampdoria di Vialli e Mancini battuta in finale a Berna 2 a 0 dal Barcellona di Johan Cruyff.

La leggenda di Michael Thomas

Michael Thomas nel gol decisivo

Succede tutto in pochi secondi, ma per i tifosi del Liverpool e soprattutto dell'Arsenal rimarrà sempre nella memoria al rallentatore, come l'ha ricostruita nel suo romanzo e poi nel film che ne è stato tratto, "Febbre a 90", il super tifoso dei Gunners Nick Hornby. Nell'ultima giornata della First division, le due rivali storiche del calcio inglese si giocano il titolo ad Anfield road, con il Liverpool avanti di tre punti e l'Arsenal costretto a vincere con due gol di scarto per recuperare lo svantaggio nella differenza reti. La partita era stata rinviata al 26 maggio dopo la tremenda disgrazia avvenuta il 15 aprile allo stadio di Hillsborough a Sheffield, prima della semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest, quando per un errore nell'afflusso degli spettatori agli spalti migliaia di essi si ritrovarono schiacciati contro le recinzioni che dividevano gli spalti dal campo. Molti cercarono scampo superando le recinzioni e di fatto invadendo il campo di gioco, e incredibilmente la polizia, che non era stata informata della situazione, iniziò a caricare quelli che riteneva hooligans. Al termine del pomeriggio di delirio si contarono ben 96 morti, e la polizia fu al centro di violente polemiche in tutto il paese. I giocatori del Liverpool riuscirono ad onorare la memoria dei morti, per quanto possibile, vincendo la finale di quella FA cup maledetta, e quindi nel pomeriggio del 26 maggio andavano per il prestigioso "double". Chiuso in parità il primo tempo, l'Arsenal si portò in vantaggio all'inizio della ripresa con un gol del capocannoniere Alan Smith, ma poi l'incontro si trascinò fino al novantesimo. A pochi secondi dalla fine del campionato, l'Arsenal ha l'ultima occasione: una sponda di Smith libera verso la porta del Liverpool Michael Thomas, che controlla la palla, vince un rimpallo e supera con un tocco sotto Grobbelaar in uscita disperata. Dopo 18 anni di attese e miserie sportive, il titolo del calcio inglese torna a Highbury e Michael Thomas diventa un mito per tutta la tifoseria della squadra londinese.

Pianeta USA

The earthquake series

Le drammatiche earthquake series

Due protagonisti della stagione del baseball, in negativo e in positivo: dopo un'indagine federale sulle scommesse illegali nel mondo del baseball, finisce squalificato a vita Pete Rose, il leader ogni epoca nel numero di battute, ben 4.256. Rose confessa di aver scommesso su partite della propria squadra, una infrazione mortale secondo la Lega, che però farà finta di niente negli anni successivi di fronte al fenomeno anabolizzanti. Ben altra la storia di Jim Abbot, lanciatore nato con una sola mano, la sinistra, eppure capace di raggiungere le Major leagues, dove debutta con i California Angels. Nel 1993 sarà addirittura in grado di lanciare un no-hitter, magnifico testimonial della volontà umana capace di superare quasi ogni ostacolo. Sul campo, raggiungono i playoffs i Toronto Blue Jays e gli Oakand A's nell'American league e i Chicago Cubs e i San Francisco Giants nella National league. I Giants beneficiano della stagione da MVP del vulcanico Kevin Mitchell, capace di 47 fuoricampo e 125 punti battuti a casa. A Pittsburgh, un giovane Barry Bonds si fà notare più per la velocità sulle basi, 32 basi rubate, che per la potenza, 19 fuoricampo: pochi immaginano che agli 84 homerun battuti in carriera fino a quel momento ne aggiungerà 678. Vincerà 7 volte l'MVP ma finirà al centro di un clamoroso scandalo doping, che ne mette tuttora in forte dubbio l'elezione alla hall of fame.

Nei playoffs dell'American league non c'è storia, del resto gli Oakland A's di Tony LaRussa schierano una delle formazioni più dominanti della storia recente del baseball, con la potenza di Jose Canseco, la velocità di Rickey Henderson, la dominanza sul monte di lancio di Dave Parker e l'infallibilità di Dennis Eckersley nelle situazioni di salvezza. Henderson, in particolare, è fenomenale nella finale dell'American league, con due fuoricampo, otto punti segnati, cinque battuti a casa e otto basi rubate. Finisce 4 partite a una per Oakland, pronta a giocare le World series contro i dirimpettai dell'altra parte della Baia. I San Francisco Giants si aggiudicano infatti la finale della National league, tornando alle World series per la prima volta dopo il 1962, con uno score di 4 vittorie a una contro i Cubs, costretti ancora una volta a sperare che l'anno buono sarà quello successivo (e 25 anni dopo, ancora aspettano..). Will Clark e Kevin Mitchell sono i due protagonisti della vittoria dei nero-arancio.

Sono quindi "le World series della Baia", ma un catastrofico terremoto originatosi nella faglia di S.Andrea pochi minuti prima di gara 3 le farà diventare "The earthquake series", "Le serie del terremoto". "Il terremoto di Loma Prieta" ha una devastante potenza di 6.9 gradi della scala Richter e dura oltre 10 secondi. Drammatiche immagini di autostrade che collassano fanno temere un bilancio disastroso, ma alla fine si contano 63 morti in tutta la California del nord. Per fortuna, milioni di persone erano davanti alla tv per la partita, e altre decine di migliaia allo stadio, e questo evita conseguenze ancora peggiori. Gara 3 viene rinviata di 10 giorni, ma le operazioni riprendono da dove erano state interrotte: gli A's si sbarazzano fin troppo facilmente dei Giants, chiudendo in sole 4 partite. Dave Stewart vince gara 1 e gara 3 ed è eletto MVP delle finali, e con un apprezzabile gesto di umana compassione e rispetto per i morti, gli A's evitano le solite docce di champagne negli spogliatoi.

Il drive perfetto di Joe Montana

Montana in mezzo alla battaglia del Superbowl 23

Nella stagione dell'addio al football del leggendario Tom Landry, i Dallas Cowboys non sono in grado di dargli una squadra competitiva, e finiscono ultimi della NFC East con sole 3 vittorie. In una stagione molto equilibrata, il maggior numero di vittorie è 12, raggiunto da Chicago nella National conference e da Buffalo e Cincinnati nella AFC. I Bengals di coach Sam Wyche, guidati da Boomer Esiason che finalmente gioca all'altezza del suo potenziale, implementano un nuovo tipo di attacco che coglie di sorpresa tutte le difese: la "no-huddle offense". In pratica, utilizzando un set di giochi prestabiliti, dopo il termine di un'azione i Bengals si raggruppano subito sulla linea di scrimmage, senza riunirsi nel classico "huddle", di fatto negando agli avversari la possibilità di effettuare sostituzioni e di comunicare con la propria panchina. Questa strategia, mai impiegata estensivamente in precedenza, porta allo spossamento dei giganteschi atleti della linea di difesa avversaria, che spesso vengono anche colti non allineati propriamente e che finiscono varie volte in fuorigioco. Bills e Bengals si ritrovano nella finale della AFC, e una controversia rischia di non fare nemmeno iniziare l'incontro. Il coach di Buffalo Marv Levy contesta infatti il comportamento degli avversari, asserendo che con il loro no-huddle spesso i Bengals prima di iniziare un'altra azione hanno in campo anche 13 giocatori, per confondere i piani difensivi degli avversari. Levy arriva a minacciare di far restare a terra, a turno, uno dei suoi difensori con infortuni simulati, per rallentare la ripresa del gioco.

Due ore prima del kick-off, la Lega cede al "ricatto" di Levy e comunica ai Bengals che, di fatto, il loro attacco no-huddle è illegale e che ogni volta che lo avessero usato avrebbero preso una penalità di 15 yards. I Bengals si adeguano ma vincono lo stesso, 21-10. Levy, il nemico della "no-huddle offense", ne diventerà poi il seguace numero uno, quando con il quarterback Jim Kelly in regia adotterà l'attacco "run and gun" che porterà Buffalo a 4 Superbowl. Wyche e i Bengals, intanto, non devono rinunciare al loro attacco nel Superbowl, visto che la Lega decide che la no-huddle non viola nessuna regola, e anzi, se gli avversari dei Bengals avessero messo in atto piani ostruzionistici, sarebbero stati loro a subire le penalità. Al Superbowl XXIII di Miami arrivano i San Francisco 49ers di Joe Montana, a caccia del terzo titolo degli anni '80, in una riedizione del Superbowl del 1982. Per la squadra della Baia, la differenza principale rispetto a 7 anni prima è che a ricevitore con il numero 80 gioca ora un certo Jerry Rice, mentre quarterback di riserva è Steve Young, reduce dalla USFL, che sta imparando il mestiere da Montana. San Francisco arriva in finale dopo una impressionante prova di forza nella partita per il titolo della NFC, vinta a Chicago 28-3, ed è la favorita dei bookmakers.

Ma dopo anni di Superbowl non all'altezza dell'evento televisivo dell'anno, finalmente il 1989 regala una partita per gli annali: contro le previsioni, le difese dominano i primi due quarti, che si chiudono per la prima volta nella storia in parità, 3-3. Dopo un altro field goal a testa, il ritornatore dei Bengals Stanford Jennings riporta in end zone un kickoff per 93 yards, ma San Francisco risponde con un drive di soli 4 giochi e ben 85 yards, concluso da una ricezione di 14 yards di Rice per la meta del pareggio. Ancora un field goal riporta in vantaggio i Bengals 16-13, e lascia la palla a San Francisco sulle proprie 8 yards e con soli 3 minuti e 10 secondi da giocare. E qui Montana compie il capolavoro, l'impresa che lo proietta tra i grandi del suo sport e gli vale il soprannome di "Joe cool": i 49ers, infatti, giocano una perfetta imitazione della "no-huddle offense" degli avversari, con i chirurgici passaggi del quarterback che trovano i ricevitori Rice e John Taylor e il runningback Roger Craig, che approfitta anche dello spazio lasciato dalla difesa di Cincinnati per un paio di corse di grande guadagno. Il gioco chiave del drive è un passaggio a Rice di 27 yards su un secondo tentativo e 20, poi con 39 secondi sul cronometro della partita, Montana trova Taylor in end zone con il passaggio che vale il sorpasso e il Superbowl, per il 20-16 finale. Jerry Rice finisce con 11 ricezioni e 215 yards, nuovo record del Superbowl, ma è Joe Montana che entra nell'Olimpo dei grandi con una partita straordinaria, e un anno dopo conquisterà in grande stile anche il suo quarto anello di campione della NFL.

"The shot" e l'anno dei bad boys

Isiah Thomas e Magic Johnson

Stagione di debutto per due nuove franchigie, i Miami Heat e gli Charlotte Hornets: avranno destini ben diversi. Magic e i Lakers partono per il "three-peat", il terzo titolo di fila, a sugellare un decennio da protagonisti, ma tutti hanno visto le Finali dell'anno prima e sanno che i veri favoriti sono i Detroit Pistons. Passo di addio per Kareem Abdul Jabbar, che ha dominato oltre 20 anni di basket, da quando nel 1966 entrò a UCLA e costrinse la NCAA a vietare le schiacciate, tanto sarebbe stato netto il suo dominio sugli altri giocatori. Vinse comunque tre titoli universitari di fila, mentre metteva a punto lo "skyhook", il "gancio cielo", il tiro più immarcabile nella storia del gioco. Se fosse stato un personaggio espansivo come Magic Johnson avrebbe potuto essere lo sportivo più famoso della storia mondiale dello sport, con il suo carattere schivo, si accontentò di vincere 6 titoli NBA, segnare 38.387 punti e fare una breve apparizione ne "L'aereo più pazzo del mondo". Sul campo, i Lakers riescono ancora a tenere botta nella Western conference, chiudendo con il miglior record, 57 vittorie e 25 sconfitte. Fanno molto meglio ad Est i Pistons, che vincono 63 partite. Senza Larry Bird infortunato per quasi tutta la stagione, Boston acciuffa i playoffs solo con l'ottavo record, molto meglio fà Cleveland, che sotto l'abile guida di Larry Wilkens, uno dei più grandi allenatori della storia, e con un nucleo formatosi nel tempo di grandi giocatori, tra cui Brad Daugherty, Mark Price, Ron Harper e Larry Nance, finisce al secondo posto a Est. Al primo turno dei playoffs, il "premio" per il record dei Cavs sono i Chicago Bulls del top scorer Michael Jordan.

Quella che segue è una delle serie di playoffs più emozionanti e incerte della storia: le due squadre si alternano alla vittoria nelle prime quattro partite, con una grande vittoria di Cleveland ai supplementari in gara 4. Gara 5, la decisiva, si gioca a Cleveland, ed è punto a punto fino alla fine. I Cavaliers riescono però a segnare quello che sembra il canestro decisivo a soli tre secondi dalla fine. 100-99 Cleveland, timeout Chicago. Al rientro, palla rimessa verso Jordan, marcato da Craig Ehlo, più alto di lui. I due vanno in aria, solo che Ehlo è umano, su Jordan la giuria è ancora riunita: mentre il difensore dei Cavs ritorna al suolo, l'altro continua a galleggiare in aria e gli tira in testa quello che da allora sarà semplicemente "The Shot", il primo "buzzer beater" della carriera del più leggendario giocatore della storia, immortalato tra l'altro nella famosissima pubblicità del Gatorade, quella in cui tutti volevano "essere come Mike".

I Pistons campioni NBA

Ma dopo aver eliminato anche New York al secondo turno, per i Bulls arriva un muro ancora troppo alto da superare, i Detroit Pistons. Dopo aver agevolmente disposto dei Celtics al primo turno e di Milwaukee al secondo, senza perdere una partita, i "bad boys" di Detroit, traslocati al bellissimo Palace di Auburn Hills, sono una forza troppo superiore anche per Jordan, sebbene Chicago vinca due delle prime 3 gare, la terza con un tiro di MJ a tre secondi dalla fine. Ma nelle successive tre sale in cattedra Isiah Thomas, che con le altre due guardie Joe Dumars e Mark Aguirre provvede ai punti, mentre Dennis Rodman, Bill Laimbeer e John Salley provvedono ai rimbalzi e alle gomitate sotto canestro: sono loro l'ultimo ostacolo verso la gloria per il numero 23 in maglia rossa, che ingoierà ancora amaro l'anno prossimo, prima di iniziare un decennio di dominio assoluto del basket professionistico. I Pistons faticano molto di più contro i Bulls che nelle Finali contro i Lakers, un "no-match", come dicono gli americani. I Lakers, in finale dopo percorso netto nei playoffs della Western conference, perdono già prima di gara 1 Byron Scott, poi nel corso di gara 2 anche Magic, vittime entrambe di stiramenti muscolari. Senza il duo di guardie titolari, i Lakers devono affidarsi a A.C. Green e Orlando Woolridge, ma nonostante gli sforzi, i due rimangono seconde linee non abituati al clima delle Finali NBA. Finisce 4-0, con i Pistons dell'MVP Joe Dumars che festeggiano il titolo sul parquet degli avversari. Per Detroit arriverà il titolo anche nel 1990, ma gli anni '90 vedranno il dominio dei Bulls, con la parentesi di due anni di Houston quando Jordan si ritirerà temporaneamente.

Rumeal vince per il supplente

Terzo titolo per Miami

La stagione del college football è una corsa a tre che si decide con "la proprietà transitiva": alle due grandi protagoniste degli anni '80, Notre Dame e Miami (con il nuovo coach Dennis Erickson a sostituire Jimmy Johnson, passato alla NFL con i Cowboys), si aggiunge infatti Colorado. I Buffaloes, poco considerati in prestagione, iniziano dal numero 14 del ranking, ma risalgono rapidamente e arrivano al numero 2 con una convincente vittoria contro la numero 3 Nebraska. E Colorado vola al numero 1 quando Miami, scivolata indietro in classifica dopo la sconfitta contro Florida State, si rilancia superando nell'ennesima rivisitazione del loro scontro decennale Notre Dame. A capodanno, Colorado è la numero 1, Miami la numero 2, Notre Dame la numero 4. Buffaloes e Fighting Irish si sfidano nell'Orange bowl, guarda caso proprio a Miami. Gli Hurricanes hanno invece svicolato dal confronto diretto con Colorado, optando per il Sugar bowl, contro Alabama. La possibile quarta incomoda, Michigan, si autoelimina perdendo il Rose bowl contro USC del linebacker Junior Seau. Nelle due partite decisive per l'assegnazione del titolo, Notre Dame sconfigge nettamente Colorado 21-6, Miami batte Alabama 33-25. Miami, Notre Dame e Colorado terminano tutte con un record di 11 vittorie e una sola sconfitta, ma per la famosa "proprietà transitiva" di cui si diceva, Notre Dame è meglio di Colorado perchè l'ha battuta nello scontro diretto, Miami è meglio di Notre Dame per lo stesso motivo, e quindi il titolo nazionale è degli Hurricanes, nonostante il calendario dei Fighting Irish sia stato molto più duro, e nonostante la netta vittoria finale contro la numero 1 del ranking in quel momento. Con la vittoria, Miami chiude il decennio quale programma più vincente, con tre titoli nazionali e altri due persi per un soffio.

Il Torneo del basket inizia senza i campioni uscenti e con un primo turno pieno di sorprese: Kansas è in probation per violazioni nel reclutamento dei giocatori commessi nella gestione di Larry Brown, già tornato nella NBA per allenare i San Antonio Spurs, lasciando la panchina a Roy Williams, attuale coach di North Carolina. Sui campi, tutte e quattro le numero 11 dei rispettivi tabelloni passano il turno, insieme a una numero 12, una numero 13 e una numero 14, la sconosciuta università di Siena, di Loudonville, New York. Anche due numero 16 danno tremendi grattacapi alle numero 1, con Princeton che perde solo 50-49 con Georgetown e East Tennessee State sconfitta in volata 72-71 da Oklahoma. Di queste sorprese, solo Minnesota arriva alle Sweet Sixteen, anche se poi alle Final Four si qualifica solo una numero 1, Illinois. Le altre tre sono Michigan, Duke e Seton Hall, grande sorpresa guidata dal giovane PJ Carlesimo. Michigan è invece affidata al coach a interim Steve Fisher, assunto dopo che il precedente allenatore Bill Frieder aveva annunciato già a inizio stagione che si sarebbe trasferito ad Arizona State al termine dell'annata. Non accettando che il suo coach non si concentrasse totalmente sulla sua squadra, il direttore atletico dell'università lo aveva licenziato immediatamente, mettendo al suo posto il suo vice, Fisher.

Michigan vince il titolo Ncaa

Nelle due semifinali nazionali, Seton Hall batte agevolmente Duke mentre Michigan supera al termine di una partita tiratissima (ben 33 cambi di testa) Illinois, grazie soprattutto a Glen Rice, tiratore di pura classe dal tiro tecnicamente perfetto. La partita per il titolo è una delle più drammatiche del decennio, punto a punto fino alla fine ed oltre, visto che serve un supplementare per deciderla. A tre secondi dalla fine, sul punteggio di 79-78 per Seton Hall, il giovane playmaker di Michigan Rumeal Robinson subisce fallo e deve andare in lunetta. Si tratta di un "uno più uno", se Robinson sbaglia il primo, la partita è finita. Ma nonostante in stagione abbia tirato con poco più del 60% dalla lunetta, nel momento decisivo Robinson mostra di avere ghiaccio nelle vene: segna il primo tiro libero, e poi anche il secondo. Il tiro della disperazione di Seton Hall non va a segno e il "coach supplente" Fisher vince il titolo nazionale, con Glen Rice, 34 punti in finale, miglior giocatore delle Final Four.

Altri sport

McDonald capitano dei Flames

Per il settimo anno di fila una squadra dell'Alberta va alla Stanley cup: ma stavolta non sono i soliti Edmonton Oilers, bensí i Calgary Flames, che in una finale tutta canadese sfidano i Montreal Canadiens, in una riedizione della finale del 1986. Intanto, al suo primo anno a Los Angeles Gretzky aveva già trasformato in una squadra competitiva i Kings, e in un drammatico primo turno di playoffs aveva eliminato proprio la sua ex squadra al termine di 7 intense partite. Poi però i Kings trovano Calgary, e vengono nettamente battuti. Le finali sono molto equilibrate, Montreal va avanti due partite a una ma poi subisce la rimonta di Calgary: guidati dal difensore Al MacInnis, MVP dei playoffs grazie a 31 punti realizzati, il primo difensore della storia capocannoniere di una post season, i Flames vincono tre partite di fila, chiudendo i conti sul ghiaccio dei nemici, unica squadra nella storia ad aver vinto una coppa in casa dei Canadiens. È l'unica Stanley cup vinta dal capitano dei Flames, il leggendario Lanny McDonald.

Nell'ennesimo tentativo di Triple crown del galoppo, nasce una forte rivalità tra Sunday Silence, che arriva dalla costa ovest, e Easy Goer, allevato sulla costa orientale, miglior cavallo di due anni nel 1988. Nella prima prova della corona, il Kentucky derby, Easy Goer patisce il terreno fangoso e il suo rivale si impone per due lunghezze e mezza, poi i due cavalli vanno testa a testa per tutta la dirittura di arrivo nelle Preakness Stakes, e Sunday Silence vince ancora, ma solo di una testa. Dopo aver annullato il gap nei confronti del suo rivale, Easy Goer dimostra che forse era lui il più forte dei due: nella corsa più lunga e dura, le Belmont stakes, non c'è storia, Easy Goer corre con il secondo tempo più veloce di sempre, dietro solo il volo di Secretariat nel 1973, e lascia Sunday Silence e le sue speranze di triplice corona a 8 lunghezze.

Il testacoda di Unser

Alla 500 miglia di Indianapolis, il due volte campione del mondo di formula uno Emerson Fittipaldi è il primo vincitore straniero della corsa dal 1966. In testa per gran parte della corsa, Fittipaldi si trova negli ultimi giri a rincorrere Al Unser jr., ma l'americano viene rallentato dal traffico dei doppiati, e quindi la corsa si decide al penultimo dei 200 giri di gara, con Fittipaldi e Al Unser jr. appaiati che finiscono per toccarsi in curva: Unser ha la peggio e va in testacoda, terminando la corsa contro il muro e lasciando via libera al brasiliano, che trionfa al brickyard e a fine anno vincerà anche il campionato.

I Demolition

Nella quinta edizione di Wrestlemania, i due ex alleati "megapowers" Hulk Hogan e "Macho man" Randy Savage, diventati nemici soprattutto per colpa della gelosia di Savage nei confronti delle avances di Hogan a Miss Elizabeth, si affrontano nel match valido per il titolo, che finisce con la vittoria di Hogan. Con il loro look da "Kiss arrabbiati" spopolano tra i giovani tifosi i Demolition, una delle migliori coppie della storia del wrestling.

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